Critica e note dell' Autore
LUIGI LUNARI
L’INCIDENTE (1966) - Una farsa
Rappresentazioni
Milano, Teatro Odeon, 1966 (con il titolo “Per un paio di mutandine”). Regia di Carlo Colombo, con Piero Mazzarella e Tino Scotti
Tournée in Italia nel 1986. Regia di Luciano Salce, con Renzo Montagnani e Gianni Bonagura.
Catania, Teatro della Città, 1999. Regia di Orazio Torrisi, con Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina.
Traduzioni
Tradotto in russo, rumeno, albanese e in un paio di lingue regionali italiane.
Sinossi
La procace moglie di un piccolo impiegato di banca, alla cerimonia di inaugurazione della nuova sede, perde inopinatamente le mutande. Per quanto prontamente superato, l'incidente provoca strane curiosità e segrete voglie tra quanti vi hanno assistito. Sullo spunto della celebre "Die Hose" di Carl Sternheim, la commedia sviluppa un intricato procedimento farsesco al cui centro vi sono la donna, innocente provocatrice, concupita da tutti, e il piccolo impiegato, disperatamente teso a far dimenticare al proprio direttore l'incidente che potrebbe avere nefasti effetti sulla sua carriera.
Nota dell’Autore
(dalla prefazione al testo edito presso Book Time: cfr in Libri/Teatro/L’incidente)
“L’incidente” – nel piccolo elenco delle proprie opere che il sottoscritto divulga – viene definito “peccato di gioventù”. E assieme a “Er padre de li santi, ovvero I monologhi del cazzo” (etichettato a sua volta “peccato di vecchiaia”), costituisce un binomio di cui l’Autore sembrerebbe un poco vergognarsi, e ammetterne l’esistenza a denti stretti e collo torto.
Tuttavia, allentando i denti e raddrizzando il collo, pur con tutte le arie che si dà per le sue opere più note, egli deve ammettere che “L’incidente” – per esempio – non è poi così male. E’ una farsa condotta con notevole abilità, con personaggi ben delineati, colpi di scena ben collocati, un minimo di significato “morale” nella denuncia di un maschilismo imperante, che alla fine soccombe sotto il buon senso, la rettitudine, la concretezza della donna: nel che è uno dei Leitmotiv più evidenti del teatro del sottoscritto. Una prova della sua efficace qualità è il fatto che – scritta e varata nel 1966 – è a tutt’oggi in circolazione, e sembra anzi godere (2014) di una sorta di revival: è stata tradotta in russo, è andata in scena in Romania, sta per andare in scena in Albania, è programmata per la prossima stagione dalla gloriosa Campogalliani di Mantova, è oggetto di innumeri edizioni amatoriali, sia in lingua italiana che in questa o quella lingua regionale, e ora viene edita dall’attento Gerardo Mastrullo nel libretto che avete per le mani... insomma, corre il rischio di essere tra le mie commedie più guadagnerecce e redditizie. Il che – trattandosi di un “peccato” – può anche essere sconcertante, ma è perfettamente in linea con una delle caratteristiche del nostro tempo, che remunera una peccatrice molto più di una casalinga, e un evasore fiscale molto più di un onesto contribuente. Il match Peccato v. Virtù, sembra essere un match senza storia.
E questo potrebbe bastare: il testo è qui. Va preso per quello che è, e buon pro’ vi faccia!
La critica
...Lunari ha tratto lo spunto da un classico del repertorio satirico tedesco del primo novecento. Die Hose, di Sternheim. Niente più che lo spunto, intendiamoci, la spassosa vicenda (...) sotto il suo andamento boccaccesco rivela uno spirito critico indirizzato a colpire i difetti, i piccoli vizi, i facili compromessi, i farisaici ritegni, le ambigue grettezze d’una certa società italiana, col trionfo finale d’un matriarcato inesorabile.
(Carlo Maria Pensa. “Gente”, Milano, 1966)
Ieri sera, all’Odeon, abbiamo assistito allo strepitoso successo di un copione sottoscritto dalla firma, invernalmente impegnatissima, di Gigi Lunari... La commedia mantiene quel che promette... L’incidente può essere uno scandalo irreparabile in quell’ambiente di borghese ipocrisia provinciale; ma può anche essere lo stimolo a scatenare sogni sporcaccioni e fantasie goderecce a tutti i livelli, con tutti gli accidenti e complicazioni, annessi e connessi. E infatti è così che si va avanti, con spasso del pubblico, dalle nove e mezza alle una e un quarto.... Senza esclusioni di colpi il testo, senza esclusioni di colpi la rappresentazione. Molto, moltissimo dell’esito calorosissimo va a Tino Scotti e a Piero Mazzarella, inesausti collezionisti di risate e di applausi. ... E per tutta l’estate, si spera, l’Odeon è a posto.
(Carlo Terron, “La Notte”, 17 giugno 1966)
Quando vuole divertire il prossimo, Luigi Lunari non soffre del complesso di inferiorità che paralizza tanti commediografi, preoccupati di attribuire contenuti sociali e immancabile messaggio alle loro facezie in più atti. A lungo “dramaturg” al Piccolo Teatro, Lunari ha tecnica e professionalità per programmare il successo di una commedia non meno di quanto un architetto garantisca che una data casa sta in piedi. Senza arroganza, ma con disincantato realismo, può quindi permettersi di dare per scontate le più liete accoglienze a questo suo “Incidente”. (...) Ma se tanto concede al “mestiere”, rivendicando la buona qualità dell’artigianato nei confronti di troppi velleitarismi presuntuosamente “ispirati”, Lunari non può tacere la segreta ambizione di aver puntato, con l’iperdisponibile e supercarrierista ragionier Martelli, a creare in chiave milanese lo stesso personaggio che Alberto Sordi è andato componendo in tanti suoi cinematografici ritratti italiani.
(Gastone Geron, “Il giornale”, Milano, 1985)
“L’incidente” è una smaliziata commedia di situazioni, tutta imperniata sul classico e imperituro ingranaggio delle coppie clandestine che si ritrovano tutte dove non dovrebbero essere, coi consueti pittoreschi personaggi di disturbo, a complicare ulteriormente le cose. Ed è in questo ingarbugliarsi di onorevoli vogliosi e capiufficio lascivi e bersaglieri innamorati e bicchieri di sonnifero che lo spettacolo ha i suoi guizzi più vitali e i suoi momenti migliori, di forte e a tratti esilarante immediatezza.
(Renato Palazzi, “Il Corriere della Sera”, Milano, 1985)
L’irresistibile commedia di Luigi Lunari, ambientata negli anni '70, si presenta più che mai attuale nell'affrontare in modo sarcastico le “debolezze” umane nei confronti della sessualità. ... E’ un ritratto di un mondo represso e compresso che troverà sfogo nell’orgia liberatoria del ’68, con un finale che vede la sconfitta di tutte le velleità dei maschi e la vittoria del buon senso femminile.
(Cronaca Oggi, 18 dicembre 2010)